Dopo aver lavorato sugli aspetti meno appariscenti di architettura e decorazione presenti nelle costruzioni salentine Pio Tarantini affronta fotograficamente nel 1983 un tema impegnativo come il barocco leccese, soggetto da sempre di indagini visive e teoriche, quindi abbondantemente studiato e pubblicato. Cerca un approccio nuovo e lo trova in una metodologia di ripresa che esalta alcune scelte precise: i palazzi e le chiese sono ripresi soltanto per dettagli, mai in inquadrature totali, e si stagliano in una luce crepuscolare, serale e notturna contro cieli intensi, di un azzurro profondo se non addirittura neri nelle fotografie realizzate con la luce artificiale che rende la pietra leccese di un giallo dorato molto caldo. Il risultato tende ad esaltare l’aspetto sceenografico tipico della ricchezza eccessiva del rococò, suggerendolo però per frammenti. Il lavoro, presentato per la prima volta alla Galleria Il Diaframma di Milano nel 1984, ha avuto poi una notevole divulgazione espositiva ed editoriale culminata, tra l’altro, con la sua pubblicazione sul numero di dicembre del 1987 sulla rivista svizzera “du”, tra le più importanti riviste d’arte internazionali.