Immagini di strade, di piazze addobbate a festa, di scorci marini solitari e malinconici. Immagini di luoghi dove il passato affiora nel presente, e sembra volerne stemperare le asperità. Pio Tarantini racconta la sua terra, la Puglia, con uno sguardo attraversato dai ricordi, in bilico tra emozione e osservazione distaccata, tra sentimento e documentazione. La sua è una visione pacata, lenta, lontana dall’ansia del viaggiatore e dalle frenesie della contemporaneità. Una visione accudente, quasi protettiva, che si nutre di silenzi, di tempi dilatati. Capace di avvertire la presenza della Storia nei luoghi, di accogliere il paesaggio nei suoi aspetti minimi, più fragili e intimi. La luce del crepuscolo, che avvolge ogni cosa con delicatezza, immerge lo spettatore in un’atmosfera malinconica, allusiva, al contempo precaria e sospesa. La precarietà di un mondo dove la Storia viene sempre più minata dal presente, dove il passato assume il volto della traccia, della reminiscenza collettiva sempre più difficile da identificare.

Dal testo di presentazione di Gigliola Foschi