BuonaDomenica#17
Risulta difficile, per una persona della mia generazione, capire certi fenomeni sociali attuali soprattutto relativi alle giovani generazioni. So che è un discorso pericoloso, in cui si può facilmente scivolare nel paternalismo o dimostrare una totale incapacità di capire i mutamenti sociali.
Nella mia gioventù ricordo l’incredulità, l’amarezza, lo sdegno che attraversò le nostre menti quando, dalle nostre letture, venimmo a sapere che negli anni Cinquanta l’armatore sorrentino Achille Lauro − già fascista, nel dopoguerra militante del Partito Nazionale Monarchico per ritornare in seguito alle origini con la sua adesione al Movimento Sociale Italiano – raccoglieva centinaia di migliaia di voti, diventando anche Sindaco di Napoli, parlando alla pancia del proletariato e del sottoproletariato urbano, attraverso un voto di scambio per poveracci: eccezionale, degno della migliore fantasia partenopea, il caso famoso delle “scarpe spaiate”: prima delle elezioni veniva consegnata ai cittadini una sola scarpa e solo in seguito, a voti raccolti, veniva consegnata l’altra. Così avveniva anche con le banconote, tagliate in due, di cui si consegnava prima una metà e poi l’altra. E poi le regalie popolari a base di pacchi di pasta o vestiti usati: insomma davvero una ricerca, e ottenimento, del consenso che oggi appare incredibile ma che spiega molte cose sullo stato di profondissimo degrado economico e sociale in cui versava l’antica capitale meridionale dopo la guerra.
Dopo settanta anni il voto di scambio a Napoli, in Italia, e soprattutto nel Mezzogiorno della Penisola, si è ovviamente modificato e si esplica attraverso altri, più sottili metodi, a parte alcuni rari casi in cui, pare, i voti, in alcune enclave, vengono letteralmente comprati per cifre che vanno dai trenta ai cinquanta euro. Un voto di scambio moderno, che punta anche questo alla pancia della gente, ma non soltanto in chiave strettamente economica – pensiamo al reddito di cittadinanza che nel meridione ha ovviamente un successo enorme – ma anche paraideologica, quando, per esempio, punta a spostare l’attenzione dei problemi del Paese da quelli più importanti dello sviluppo economico, dell’occupazione, dei bassi salari, dello sfruttamento, a quelli creati dai flussi migratori.
Ma, tornando all’argomento attuale dei fenomeni sociali di difficile comprensione, queste mie osservazioni nascono dalla lettura di una notizia sui quotidiani di ieri e dell’altro ieri, che apparentemente appare marginale, quasi una curiosità di cronaca, ma che invece trovo estremamente significativa sia sul piano dei comportamenti sociali sia su quello di essere un termometro della crisi economica che stiamo vivendo.
Dunque, leggo che a Milano centinaia di giovani hanno fatto la fila notte e giorno, nel gelo di questi giorni, per poter accedere all’apertura di un negozio di un noto marchio di scarpe per accaparrarsi un nuovo modello di sneaker in uscita e prodotto in edizione limitata. Fin qui nulla di sconvolgente, si sa che in molti campi esiste un sorta di feticismo che spinge collezionisti o gente comune a sacrificare parte del proprio tempo e delle proprie energie, sottoponendosi a volte a grandi disagi, pur di ottenere l’oggetto del desiderio che, addirittura, a volte può essere anche immateriale e consistere nel più semplice “Io c’ero”. Penso per esempio alla grande fila che si formò, sempre nel capoluogo lombardo, all’apertura, lo scorso anno, del nuovo centro Apple: in ballo c’era soltanto il piacere di essere stati tra i primi ad esserci entrati.
Nel caso attuale delle scarpe invece il motivo, per buona parte dei partecipanti all’assalto, è essenzialmente economico: ragazzi ventenni, molti di origine straniera, venuti dall’area metropolitana lombarda per cercare di accaparrarsi un paio di scarpe al prezzo normale, stabilito dalla casa di produzione, per poi poterle rivenderle, essendo rare perché prodotte appunto in edizione limitata, a un prezzo di gran lunga maggiore che può moltiplicarsi anche per dieci o ancor più. 
Un’operazione dunque squisitamente commerciale che però si rivela significativa dello stato di grave crisi occupazionale, soprattutto giovanile, e che continua a spingere intere generazioni verso l’antica e italica arte di arrangiarsi. 
Nessuna meraviglia dunque ma sguardo il più possibile lucido sulla realtà del nostro Paese.
Belli i tempi in cui si guardava con sufficienza ai giovani impazziti per “La febbre del sabato sera”: l’ho rivisto non molte sere fa in TV: scusami grande John Travolta, all’epoca la mia supponenza intellettuale mi ha impedito di capire l’importanza e anche il divertimento che procura questo film, il fascino del tuo mitico personaggio Toni Manero e delle sue indimenticabili piroette accanto a Stephanie Mangano (l’attrice Karen Lynn Gorney) con la musica dei Bee Gees. 
Stayin’ Alive amici, e buona domenica.

Napoli, 2013

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