BuonaDomenica#15

Ieri sera raggiungo, dopo la mia frugale cena in casa, un gruppo di amici riuniti a Milano in un ristorante-bar vegano con annessa sala musica (i miei sensi di colpa verso gli animali non sono ancora così forti da impedirmi di apprezzare le salamelle con le patate): arredamento eclettico con colori pop, oggetti vintage anni ‘50/’60, luci tra l’intimo e una discoteca discreta, pareti tappezzate di grafica pop – immancabili le grandi riproduzioni della Marilyn nelle tante varianti di Wharol – e infine alcuni manifesti e locandine di film cult. Non può sfuggirmi, tra questi, l’abbraccio dei corpi nudi di Marlon Brando e Maria Schneider in “Ultimo tango a Parigi”. E qui scatta il collegamento con la messa in onda in questi giorni su una rete della RAI del famoso film in versione restaurata e soprattutto integrale.
La vicenda del film di Bertolucci – un saluto e un omaggio al grande regista da poco scomparso − è nota: dopo la sua uscita, accolta con un successo di pubblico forse mai più raggiunto in Italia per un film, il regista e questa sua opera furono denunciati per oscenità da alcuni zelanti magistrati che avevano a cuore la moralità del Paese. Può sembrare incredibile, ma andò così, che la pellicola fu destinata al rogo: letteralmente, un’ordinanza giudiziaria ordinò di distruggere tutte le copie del film i cui originali e altre poche copie si salvarono perché imboscati o trafugati all’estero. ***

Furono evidentemente clementi, quei giudici, che decisero di non destinare a Campo dei Fiori anche Bertolucci.

Oggi dunque il film viene trasmesso dalla Rai in prima serata e senza divieti: sono trascorsi però più di quaranta anni dai furori moralistici di alcuni settori della magistratura italiana degli anni Sessanta/Settanta.
In questa occasione ho rivisto con piacere questo film che, al tempo della sua uscita, nel 1972, amai molto: lo vidi a Lecce in una storica sala di Prima Visione, l’Ariston, gremitissima di spettatori intrigati probabilmente più dall’aura di scandalo del film che dalle sue qualità intrinseche.
Rivedendolo oggi in versione restaurata, ma nel corso degli anni passati mi era già capitato di rivederlo, mi vengono alcune considerazioni: il film resta un gran bel film, un capolavoro, importante ovviamente non per il presunto scandalo delle scene di sesso ma per quanto e come riesce a raccontare su un tema dominante della civiltà occidentale: lo stretto rapporto tra eros e thanatos.
Sono d’accordo con quella parte della critica che trova datate ed eccessive le sequenze della storia parallela tra la protagonista e il suo vero fidanzato, petulante nel riproporsi come esponente della Nouvelle Vague alla quale Bertolucci era molto legato intellettualmente. Il film acquisterebbe in scioltezza e asciuttezza se quelle scene fossero state ridotte all’essenziale. Ma, per chi si interessa di fotografia, mi permetto umilmente di mettere in discussione uno dei pilastri fondamentali, sempre unanimemente elogiato, del linguaggio di questo film: la mitica fotografia di Vittorio Storaro. Rivedendolo restaurato, dopo l’impatto iniziale l’arancione dominante della fotografia di Storaro mi è parso eccessivo. Sembra quasi uno di quei vecchi film a colori che nel corso del tempo hanno perso brillantezza e specificità cromatica virando pericolosamente su una tinta omogenea, di solito con dominante magenta e in questo caso arancione. All’epoca questa scelta fece gridare al miracolo: oggi mi lascia molto perplesso e mi immagino un film con colori molto più neutri o dove questa dominante viene utilizzata solo in alcune, poche scene tra le più significative, in particolare quelle di sesso.
Ma qui entriamo nel gusto personale: e con volo pindarico passo dall’arancione di Storaro e dall’amore e morte di Bertolucci al grigio scuro a volte nero, che sta caratterizzando il barcone Italia. La stampa di stamane riprende ancora la chiusura del CARA di Castelnuovo con conseguente deportazione di immigrati che si erano integrati e che andranno a finire non si sa dove. E ancora la vicenda della nave Sea Wacht, in attesa nella rada di Siracusa, con 47 migranti che nessuno vuole, né l’Italia né gli altri Paesi europei. E ancora le polemiche dei nostri governanti con le non rosee previsioni economiche. E ancora le spaccature in politica internazionale sulla situazione in Venezuela (a proposito: la sinistra è sempre ancorata ai miti vetero-cripto-comunisti che giustificano un dittatore come Maduro?). E ancora leggo sul Corriere del Mezzogiorno di stamane che a Trepuzzi, una cittadina vicino Lecce e al mio paese d’origine, accade l’ennesimo episodio di violenza razzista.
Insomma viene quasi tenerezza, e un pizzico di nostalgia, per Silvio che ieri, all’Aquila, ha commemorato i 25 anni di Forza Italia. Ai tempi di Silvio pensavamo di aver toccato il fondo. No, non c’è mai limite al peggio.
Questi continui, ulteriori tasselli negativi della nostra società – uniti a tanti altri malesseri economici, sociali e politici di cui sta soffrendo l’Italia − fanno pensare davvero a un Paese che balla il suo ultimo tango su un barcone che sta per affondare.
Buona domenica.

Il Mediterraneo senza L’Italia, Expo Milano, 2016